IL RESTO E L'IM-POSSIBILE (RI)PENSANDO AL DONO CON DERRIDA
Abstract
Accanto alla traccia e al sogno, la figura paradossalmente inapparente del dono, analizzata alla luce delle sue intime ambivalenze ed irriducibili complessità, rappresenta una delle declinazioni più ricche e stimolanti della filosofia derridiana della différance. Al pari dei margini bianchi del testo stampato, dove trovano spazio le intuizioni improvvise e gli sprazzi di un pensiero che non è stato calcolato, e che, pur entrando a far parte della pagina non può essere irregimentato nei suoi schemi, così nel gesto donativo Jacques Derrida ritrova tutta l'imprevedibilità e l'urgenza di un accadere evenemenziale che infrange l'ordine in cui pure s'iscrive. Sebbene giunga inaspettato, infatti, e per quanto sfugga, per definizione, ad ogni logica computazionale, il dono non potrebbe però fare meno, come già suggeriva Marcel Mauss, d'immettersi nel circuito economico dello scambio e, per questa via, di perdersi in quanto tale, cioè in quanto dono. Effrazione che rientra nella regola, esso si afferma allora discapito delle più varie strategie normative come resto della ragione utilitaria e calcolatrice, come possibilità dell'im-possibile e realtà paradossale. Nel suo spazio preterintenzionale, costitutivamente orientato verso l'altro, ma sospeso nell'indecidibilità, il pensiero è chiamato a recuperare, al di là dell'univocità del logos razionale e della metafisica della presenza, la sua dimensione dia-logica ed immanentemente aperta alla trascendenza: quella appunto del dia, dell'in between, dello zwischen costitutiva dell'inter-soggettività.
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